Quasi un secolo fa Wassily Kandinskij, con la sua teoria dei colori, gettava le basi costruttive per un sistema di percezione del colore che ne illustrasse la sua intrinseca e innata struttura elettrochimica: ovvero le sue vibrazioni. Una teoria che, pur rendendo possibile stabilire un connubio tra suono e immagine, potrebbe al giorno d’oggi essere allargata a qualsiasi tipo di espressione artistica e a qualsiasi ambito in cui occhio, tatto e gesto dell’essere senziente attribuiscono una pluralità di segni a un oggetto al quale decidono di rubare l’anima.
L’opera d’arte trova la sua ragion d’essere nelle aperture dinamiche che ne consentono la perlustrazione
L’artista è un demone. Il suo strumento è misurato a una manualità sensibile e votata a plasmare l’anima delle forme; se è necessario anche a distruggerla e ricomporla, rubando così un potere che appartiene solo a quel principio che quotidianamente chiamiamo Dio. L’opera d’arte trova la sua ragion d’essere nelle aperture dinamiche che ne consentono la perlustrazione. Nel corso dei secoli l’oggetto è stato osservato, analizzato e riprodotto per suscitare una sublimazione estetica, direttamente corrispondente alla comprensione del suo linguaggio interiore.
A partire dai primi del ‘900 è avvenuta (e continua a svilupparsi) una rivoluzione dall’interno, nella quale cioè la sublimazione estetica diventa una possibile via d’accesso per la comprensione dell’opera d’arte: ma non l’unica. Tutto ciò infatti sarebbe oggi meno affascinante se la scoperta di nuovi livelli di comprensione nel linguaggio artistico non fosse diventata una scoperta scientifica: l’arte diventa un terreno d’analisi e la ragione oggettivante diventa partecipativa.
I nuovi linguaggi della musica contemporanea hanno esplorato l’interno dell’universo dei segni e dei sogni, determinando una comprensione tra generi e forme linguistiche mai realizzata prima. Anche grazie a queste intuizioni è possibile comprendere nell’opera ogni mezzo di comunicazione: la coscienza di chi realizza e la consapevolezza di chi partecipa, ma anche la differenza tra linguaggio profondo e linguaggio di superficie. Parafrasando Frank Zappa: “La nostra è un’arte speciale, in uno spazio dedicato ai sognatori”, e noi dovremmo svegliarci per tornare a sognare.