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I sogni e l’arte (o l’arte di sognare): una relazione generatrice di capolavori

Da Paul McCartney a Federico Fellini, da William Blake a Ingmar Bergman: tutti gli artisti che nella storia hanno creato opere precedentemente sognate. Uno studio li passa in rassegna

di Lorena Martufi
Dal cinema all’architettura, dalla letteratura al design, dalla  musica alla tecnologia, il sogno è da sempre l’ingrediente perfetto su cui si fondano tutte le arti. Visioni magiche ed oniriche  fuori dallo spazio e dal tempo hanno ispirato artisti, studiosi e scienziati capaci di nasconderle sapientemente persino all’interno di formule matematiche. Come a dire: “Siamo fatti della stessa sostanza dei sogni”, ma anche delle stelle.
(…) chiedersi quale sia la funzione del sogno equivale a chiedersi quale sia la funzione del pensiero
E si tratta di una sostanza essenziale, perché permette al nostro cervello di pensare in altri codici, di visualizzare il messaggio senza esigenza di codificarlo, razionalizzarlo, interpretarlo, lasciandolo in seno all’intuito e all’inconscio, all’interno di quel pensiero che nasce nelle aree della neurofisiologia, laddove abita l’immaginazione.
Insomma, chiedersi quale sia la funzione del sogno equivale a chiedersi quale sia la funzione del pensiero, e se Freud affermava che compito del sogno era quello di appagare i desideri, Antti Revensuo, filosofo della mente e neuroscienziato finlandese, sostiene che i sogni, attraverso l’emulazione di eventi minacciosi, servirebbero a esercitare la mente a  percepirli ed evitarli. Del resto sono stati i maggiori analisti e psicologi a dimostrare come proprio i nostri stessi problemi personali, uniti alle speranze, le paure, le ansie, i desideri e le aspirazioni siano i punti cruciali dei nostri sogni.
Si parte da lontano, coi disegni rinvenuti sulle pareti delle grotte francesi di Lascaux
È lo studio dal titolo Dreams and creative problem-solving della Dott.sa Deirdre Leigh Barrett del Dipartimento di Psichiatria dell’Harvard Medical School di Cambridgeinteressato a capire come l’artista vede se stesso nel sogno e come questo possa rappresentare per lui una valida soluzione creativaa spostare la lente di ingrandimento sulla connessione fra arte e mondo onirico. Lo studio passa così in rassegna una certa mole di esempi illustri funzionali a dar sostanza all’argomento oggetto di indagine.
Si parte da lontano, coi disegni rinvenuti sulle pareti delle grotte francesi di Lascaux e risalenti a un periodo che spazia tra i 10.000 e i 40.000 anni fa, esempio lampante di quello che questo studio si propone di dimostrare. Gli archeologi hanno infatti ipotizzato si tratti proprio di immagini oniriche, ricordi provenienti da sogni che gli artisti del tempo avrebbero poi dipinto. Altro illustre esempio è quello fornito dall’artista tedesco Albrecht Dürer nell’acquerello su carta Visione di un sogno del 1525, o meglio di un incubo: una colonna d’acqua si delinea minacciosamente all’orizzonte, e nel suo fragore rischia di sommergere il mondo.
 (…) fu Paul McCartney a sognare la canzone più trasmessa nella storia della radio, Yesterday
Il visionario William Blake, il più grande incisore del ‘700, considerato pazzo per le sue idee stravaganti, dipinse nel 1818 uno dei suoi sogni, Young Nights Thoughts, in cui raffigura se stesso a terra sognante. E fu sempre Blake a sognare un istruttore che gli illustrava nuove tecniche di verniciatura e incisione, quelle stesse da lui successivamente impiegate nel suo lavoro.
Il preraffaellita Sir Edward Burne Jones sognò invece così vividamente i nove musoni del monte Helicon da sentirsi costretto a dipingerli al momento del suo risveglio (The Rose Bower). E sono poi in gran numero i surrealisti che hanno dipinto immagini specifiche provenienti dal sogno: parliamo di Salvador Dalì (The Dream, The Dream approaches), Frida Kahlo, Max Ernst (Dream of a girl dream chased by a nightingale), Paul Nash (Landscape for a dream) e Gil Bruvel (The sleep goes away). Mary Shelley aveva invece sognato le due scene principali che diventarono Frankestein. Robert Lewis Stevenson aveva fatto lo  stesso con Lo strano caso del dottor Jekyll e Mr. Hyde.
Numerose scoperte scientifiche, rivelatesi nel tempo clamorose e straordinarie, si sono poi basate su visioni oniriche
Anne Rice, Stephen King, Eudora Welty e Jack Kerouac hanno scritto e descritto nei loro racconti scene venute direttamente fuori dai sogni.  Così come i registi Ingmar Bergman, Federico Fellini, Akira Kurosawa, Orson Welles e Robert Altman hanno filmato scene, o intere pellicole, che avevano in precedenza sognato. E fu Paul McCartney a sognare la canzone più trasmessa nella storia della radio, Yesterday: “(…) l’ho composta in sogno – disse McCartney – Mi svegliai e la canzone era lì”.
Numerose scoperte scientifiche, rivelatesi nel tempo clamorose e straordinarie, si sono poi basate su visioni oniriche. August Kekul aveva sognato la struttura del benzene, Dmitri Mendeleev la forma definitiva della tavola periodica degli elementi: Otto Loewi vinse addirittura un Nobel per un esperimento che aveva visto in sogno.
Ma l’interesse verso la relazione tra i sogni e il problem soling non nasce certo oggi: già più di un secolo fa fu infatti Charles Child a condurre il primo studio retrospettivo sui sogni e la risoluzione dei problemi. Nel 1892, il biologo statunitense chiese a 186 studenti universitari se avessero mai risolto un problema in un sogno: un gioco di scacchi, un problema di algebra, una traduzione di Virgilio. Un terzo di loro diede risposta affermativa.